Il Telelavoro, inteso come modalità attraverso la quale si lavora e si coopera a distanza tramite l'utilizzo delle nuove tecnologie dell'informazione e delle telecomunicazioni, rappresenta un nuovo modello organizzativo con ampi riflessi sul sistema sociale in generale e sull'organizzazione aziendale in particolare. La collocazione dell'attività lavorativa in una sede geograficamente diversa da quella principale dell'impresa e la flessibilità dei tempi nella gestione ed erogazione del lavoro, elementi su cui si basa il telelavoro, costituiscono la risultante delle nuove modalità organizzative consentite dagli sviluppi della tecnologia informatica. Si tratta di un fenomeno innovativo strettamente legato allo sviluppo delle tecnologie informatiche e, come tale, in continua evoluzione. Se, a questo, si aggiunge il fatto che tale fenomeno influisce su campi diversi dell'attività umana (economia, diritto, ambiente, società) è comprensibile la difficoltà di fornirne una definizione univoca. Il termine "telelavoro" fu coniato nel 1973 da Jack Nilles il quale lo promosse come "ogni forma di sostituzione degli spostamenti di lavoro con le tecnologie dell'informazione", in particolare Nilles coniò il termine telecommuting (telependolarismo) da cui trae origine il termine telelavoro (telework)1. Da allora, sono state molte le definizioni date, la maggior parte delle quali formulate a partire dalle caratteristiche più peculiari di questa nuova modalità operativa: la delocalizzazione dell'attività lavorativa rispetto alla sede tradizionale di lavoro e l'utilizzo prevalente delle nuove tecnologie informatiche per facilitare la comunicazione tra il telelavoratore e l'ufficio remoto. Ogni definizione presenta particolari sfumature di significato. Tra le definizioni più conosciute di telelavoro coniate dagli esperti in questi ultimi anni troviamo le seguenti:
Come si può notare, le definizioni sono davvero numerose; tuttavia, è possibile individuare un comun denominatore dato dalla tecnologia informatica e dalla distanza fisica tra il telelavoratore e la sede dell'impresa, ingredienti base di questa nuova ricetta chiamata Telelavoro.
Il telelavoro per taluni aspetti potrebbe ricordare il concetto di "lavoro a domicilio", a sua volta comunemente associato a bassi salari e condizioni di lavoro al di sotto degli standard normativi. Tuttavia, bisogna osservare che il lavoro a domicilio tradizionale consiste, nella maggior parte dei casi, in una attività rivolta alla produzione di beni materiali, spesso a basso valore aggiunto, mentre caratteristica fondamentale del telelavoro è l'uso della tecnologia dell'informazione e della comunicazione per ricevere, trattare e inviare informazioni, quasi sempre nell'ambito della produzione di servizi con elevato valore aggiunto. Il telelavoro si presenta, oggi, come una pratica soluzione di fronte alla crescente esigenza di flessibilità in termini di organizzazione, di distribuzione sul territorio e gestione delle risorse umane. Le imprese sembrano aver preso consapevolezza di ciò, soprattutto nell'intervallo di tempo tra il 1994 ed il 1999, intervallo che è risultato essere fondamentale per l'incremento del telelavoro. ![]() Sviluppo del telelavoro tra il 1994 e il 1999 (dati in migliaia). Il grafico è tratto dal Volume Telelavoro: il futuro è già ADAPT Come si evince dal grafico, il balzo in avanti è stato enorme: i telelavoratori sono passati da poco più di un milione (per il 50% concentrati in Gran Bretagna) ad oltre 9 milioni, con il primato relativo della Germania, che ne conta oltre 2,1 milioni, più dell'Inghilterra. Sorprendente lo sviluppo dei Paesi Bassi, ove i lavoratori a distanza sono aumentati di 40 volte, della Danimarca (2800% di incremento) e anche dell'Italia, ove l'aumento è stato dell'800% nel corso di soli 5 anni. Nella classifica dell'Ue l'Italia, con i suoi 720 mila telelavoratori, risulta al quarto posto, ma è tra gli ultimi paesi nella graduatoria relativa alla percentuale della forza lavoro, dal momento che raggiunge appena il 3,6%. Questi sono i dati di una ricerca discussa a Torino il 26 Marzo 2001, nell'ambito di un convegno sul telelavoro promosso dal centro studi "Pietro Desiderato". L'indagine ha anche messo in evidenza che, dei 720 mila telelavoratori italiani, 315 mila sono dipendenti part-time a casa, 270 mila sono mobili (ossia tecnici e promotori), 135 mila occasionali, e 90 mila autonomi che lavorano a casa. I dati della ricerca sul telelavoro "The high road to teleworking", del febbraio 2001 dimostrano l'inarrestabilità della crescita di tale fenomeno. L'indagine è stata curata dall'Organizzazione mondiale del lavoro. Dai dati è emerso che il telelavoro assume una rilevanza maggiore nei paesi industrializzati, ma inizia a presentarsi anche nelle economie emergenti, e in molti paesi, raggiunge ormai il 5% della forza lavoro totale. In particolare, nell'Unione europea sono i paesi nordici a fare la parte del leone: la Finlandia (col 16,8%), l'Olanda (col 14,5%), la Svezia (col 15,2%) e la Danimarca (col 10,5%). L'Italia, se anche si attesta su una percentuale più bassa (il 3,6%), è, comunque, il paese in cui la crescita è stata tra le più alte dal 1994 al oggi: il 29% (secondo solo al 34% della Germania). ![]() Negli Stati Uniti, invece, la percentuale dei telelavoratori è del 15%.
![]() [1] La distinzione essenziale tra i termini telecommuting e telework consiste nel fatto che il primo presuppone che una persona, normalmente, preferisca spostarsi con cadenze regolari verso un posto di lavoro relativamente vicino, mentre il telework si pone obiettivi più globali. |